Mettere in atto un proposito del genere, specialmente in italia, è cosa piuttosto ardua.

Ci tengo subito a sottolineare che questo mio post non vuole essere in nessun modo un tentativo di denigrazione di questo o di quel sistema operativo: è mia intenzione invece tentare di ragionare sulle numerose implicazioni che hanno portato ad una situazione di mercato “bloccato” sia a causa di politiche di lock-in messe in pratica dal più grande vendor di sistemi operativi al mondo, sia a causa della scarsa propensione dell’utenza in genere ad entrare nel merito di questioni “tecniche” apparentemente improduttive.

Ma partiamo da principio … cosa è un computer ? Il computer è una macchina, fatta di pezzi ferro (o altri metalli nobili), plastica, fili ecc la cui struttura, di per se, è assolutamente inerte o per meglio dire è in grado solo di eseguire elementari operazioni rappresentate da flussi logici di impulsi elettrici. Punto.
Ma allora com’è che con il computer si fanno mille cose come ad esempio, navigare in internet, ascoltare musica, memorizzare e stampare foto ecc. ? Semplicemente perchè al “ferro” è stato aggiunto uno strato “impalpabile e immateriale” detto software che contiene tutta una serie di istruzioni che lo rendono “vivo” ed in grado di intergire con l’utente. Lo stesso software va diviso poi in due sotto categorie: il sistema operativo e gli applicativi. Il sistema operativo è quella parte dello strato software che permette il “caricamento” e l’esecuzione delle istruzioni base affinchè gli applicativi possano interagire (tramite interfacce) con l’utente.

Diffusa invece è la convinzione che la definizione di “computer” sia da intendersi nell’accezione “collettiva” di hardware + software. E’ vero infatti che un computer funzionante è una delicata alchimia di hardware + software ma è anche vero che questa alchimia non definisce un computer. Definisce, al contrario, una macchina che sia già in grado di interagire con il proprio utente. Così come un tornio è assolutamente inutile (per l’utilizzatore) senza un programma di modellazione del pezzo di acciaio, anche il computer è, per l’utente finale, inutile senza lo strato software che lo rende utilizzabile. Ma il tornio, come il computer, può esistere indipendentemente dal programma che lo fa funzionare.

Su questa base e su questo misunderstanding comune, un’azienda in particolare ha costruito la sua fortuna: Microsoft. Ed è tanto forte la leva che agisce su questa percezione da rendere praticamente impossibile la ricerca di un computer nuovo che non abbia un sistema operativo basato su Windows preinstallato.

Ovviamente tutto ciò ha un impatto su quella che, in numerose battaglie sia ideologiche sia economiche, viene definita essere la “libertà di scelta del consumatore”. Anche se sembra superfluo riportarlo all’attenzione è però bene sottolineare che Windows non è l’unico sistema operativo disponibile per far funzionare un computer. Esistono numerose altre possibilità: Linux (nelle sue varie e variegate distribuzioni), Unix, Apple Mac … solo per citare alcune tra quelle che trovano il maggior numero di riferimenti.

Ma se da un lato è arcinota l’aggressività di Microsoft nel perseguire i propri scopi commerciali spingendo per Windows su ogni desktop, non altrettanto facile ed immediatamente attuabile sarebbe l’individuazione di una soluzione alternativa che impedisse a Microsoft di preinstallare, in accordo con i produttori di hardware, il proprio sistema operativo sulla quasi totalità dei computer.

Perchè ? Provate ad immaginare di recarvi in un centro commerciale tra quelli che ospitano i più famosi marchi di catene specializzate nella vendita di prodotti per l’informatica di tipo consumer e di trovare solo computer spenti perchè non dotati di un qualsiasi sistema operativo. Sarebbe un disastro per il mercato in quanto gli utenti non sarebbero in grado, per esempio, di “percepire” le prestazioni di una macchina rispetto a quelle di un’altra, non capacitandosi delle differenze di prezzo tra questo o quel modello e nella impossibilità di leggere complicate tabelle comparative fitte di dati tecnici con mille acronimi come Ghz, RPM, RAM ecc. Gli addetti alle vendite verrebbero subissati di richieste di chiarimenti, di istruzioni su cosa fare una volta che si torna a casa con “lo scatolo” e su cosa sia meglio installare o meno … paralizzando di fatto le vendite.

A questo punto, molti sostenitori del software Open-Source, potrebbero avere la tentazione di suggerire come possibile alternativa l’adozione sui computer di sistemi operativi open e gratuiti basati su Linux … ma anche questo sarebbe causa di non pochi problemi. Innanzitutto : quale distribuzione Linux ? E’ verosimile correggere un errore di monopolio suggerendone un altro che, seppur libero e di nessun costo per l’utente finale, danneggerebbe irrimediabilmente gli altri produttori di distribuzioni Linux e, per di più, danneggerebbe un’azienda commerciale ? E poi : come rispondere ad una esigenza di “compatibilità” universale in modo che il “pezzo di ferro” venduto possa validamente e senza problemi ospitare sistemi operativi di diversa natura e che richiedono, giusto a titolo di esempio, driver diversi ?

E come risolvere poi i problemi di help-desk nel servizio di post vendita in presenza di un pubblico dotato di un parco software disomogeneo ? Sarebbe il panico: quasi tutti i maggiori vendor di harware guidano l’utente in fasi di test e disagnostica dei possibili problemi attraverso l’uso di strumenti progettati per uno specifico sistema operativo e se ne lavano allegramente le mani nel momento in cui l’utente non dispone di quella configurazione hardware/software considerata standard. Come individuare un problema hardware e distinguerlo nettamente da un bug software ?

Le soluzioni possibili si sprecano ma tutte avrebbero dei costi mostruosi e comporterebbero complicazioni tecniche inimmaginabili. Sarebbe facile infatti proporre, ad esempio, l’adozione di Windows preinstallato solo in modalità “trial” (versione di prova a scadenza dopo x giorni) e, per il supporto, la fornitura insieme al pc di un cd avviabile (o di una partizione disco) che esegua automaticamente le procedure di diagnostica secondo le specifiche del produttore del computer. Ma che succederebbe alla scadenza del periodo di prova ? Siamo sicuri che nel momento in cui l’utente si accorge che la sua versione di Windows sta per scadere abbia le conoscenze tecniche per : valutare e scegliere una distribuzione linux confacente alle proprie esigenze, salvarsi i dati già creati magari con altre applicazioni trial, installarsi da zero un sistema operativo (magari facendo casino con le partizioni disco che contengono anche l’area di recovery del pc), e ritrovare i necessari applicativi che assolvono ai compiti che l’utente si aspetta di eseguire.

Forse è più forte lo standard de-facto che si è creato (o che è stato abilmente creato) delle contingenti politiche commerciali messe in campo da Microsoft: la limitazione delle scelte del consumatore è primariamente dovuta al fatto che nella stragrande maggioranza dei casi l’utente NON ha gli strumenti e le conoscenze tecniche per scegliere nè li vuole avere. L’approccio medio è : compro il pc, vado a casa, lo accendo, confermo tutto, mi collego ad internet e sono su Facebook.

Un computer senza sistema operativo questo non lo può offrire: anzi … aggraverebbe la situazione data l’impossibilità (a meno di un passamano fisico di un cd o un dvd) di potersi approvvigionare, attraverso il web, di una soluzione alternativa a Windows dato che, per lo più, Linux nelle sue varie distribuzioni non lo trovate sugli scaffali dei centri commerciali. Il paradosso è … se non hai Windows e non conosci nessuno non riesci nemmeno a scaricarti una distribuzione Linux, sempre ammesso poi che tu sappia masterizzarla, avviarla ed installarla “sopra” il tuo Windows.

Diventa quindi talmente stringente il rapporto tra pc e Windows che perfino a livello normativo diventa una battaglia titanica la richiesta della doverosa applicazione del diritto di rimborso ad una licenza Windows che non vogliamo: Paolo Attivissimo nel suo blog lo spiega dettagliatamente.

Fin qui abbiamo discusso di uno scenario che si applica all’utenza domestica. Ma cosa succede nelle aziende ? Perchè, in un momento di crisi come questo, non si cerca un modo per tagliare i costi rivolgendo la propria attenzione a soluzioni operative open-source ? Una piccola/media impresa dotata di un centinaio di pc riceverebbe un beneficio di oltre 20mila euro in sede di rinnovo parco macchine scegliendo di comprarle senza sistema operativo. Anche qui però entra in gioco la generale cultura informatica del personale addetto: in azienda i computer non lavorano da soli, ci sono delle persone davanti che devono interagire con essi. E tanto più utilizzano strumenti “noti” tanto più alto è il risparmio in formazione interna e nell’erogazione di servizi di help-desk. Certamente un approccio del genere porterebbe dei vantaggi, come ad esempio la maggiore difficoltà da parte di utenti “smanettoni” di sminchiamento delle configurazioni dei loro computer : difficoltà però controbilanciata da un vezzo fin troppo diffuso di “inerzia” da parte del dipendente che di fronte alla minima difficoltà accampa scuse le più fantasiose per non arrangiarsi un po’.

Chi vuole dunque un computer senza sistema operativo deve prendere coscienza di appartenere ad una nicchia di “alto” livello tecnologico, dispone di conoscenze che lo rendono in grado di avviare una macchina “inerte” senza ausili, e che, all’occorrenza, sa come sfruttare le risorse offerte dal web per cercare di risolvere i problemi. Ed in quanto “nicchia” non può lamentarsi delle difficoltà che si incontrano nel cercare un hardware nuovo di zecca, magari di marca, che sia pronto ad accogliere ciò che l’acquirente decide, non ciò che ha già deciso il produttore o il venditore: le aziende commerciali lavorano sulle masse, non per le nicchie.

Valga allora l’assunto : stai cercando un computer senza sistema operativo ? Congratulazioni : sai usare un computer.